L’elettrocardiogramma (ECG) utilizzato nella pratica clinica registra, attraverso elettrodi posizionati sulla superficie corporea, i cambiamenti di potenziale generati dal cuore. L’attività meccanica delle cellule cardiache è sempre preceduta da un’attività elettrica, definita come processo di attivazione o depolarizzazione. Ciò è possibile perché le cellule cardiache, che in condizioni basali presentano una differenza di potenziale fra l’esterno (positivo) e l’interno (negativo), generano durante l’attivazione un’inversione di polarità della membrana che diviene negativa all’esterno e positiva all’interno. Tra una cellula attiva ed una a riposo, si determina pertanto una differenza di potenziale che genera un flusso di corrente che a sua volta determina l’attivazione della cellula a riposo. Lo svilupparsi a catena di questo fenomeno permette il propagarsi dell’onda di depolarizzazione che segue in condizioni normali un cammino preordinato che inizia nel nodo del seno e termina nelle porzioni basali dei ventricoli. Dopo un certo periodo dall’inizio dell’attivazione le cellule ritornano alle condizioni basali ripristinando le iniziali caratteristiche di polarità attraverso il processo di ripolarizzazione. Si realizza di conseguenza una differenza di potenziale fra cellule depolarizzate e cellule a riposo (ripolarizzarte), che costituisce il cosiddetto “dipolo”, il quale può essere rappresentato da un vettore con testa positiva e coda negativa. I potenziali elettrici così generati possono essere rilevati sulla superficie corporea, cioè a distanza dal cuore, in quanto quest’ultimo è immerso in un mezzo conduttore capace di trasmettere i fenomeni elettrici.
L’elettrocardiogramma consente di rappresentare graficamente l’attività elettrica cardiaca durante la fase di contrazione (sistole) e di rilasciamento (diastole) degli atri e dei ventricoli. La rappresentazione grafica dell’attività elettrica del cuore viene fatta su una carta millimetrata che scorre nell’elettrocardiografo; la velocità di un elettrocardiografo è di 25 mm al secondo; i lati dei quadrati rappresentati sulla carta millimetrata misurano 5 mm, cinque di essi quindi rappresentano un secondo.
L’ECG normale presenta un’ampia variabilità in rapporto a diversi fattori quali la diversa disposizione anatomica, la conformazione del viscere cardiaco, la conformazione della gabbia toracica, la conducibilità elettrica del corpo umano, oltre all’età ed al sesso. Pertanto quella di “tracciato normale” rappresenta una conclusione rappresentativa che sottende un’ampia variabilità e anche la possibilità che modificazioni indotte da una data patologia rientrino nella variabilità normale e sfuggano quindi alla diagnosi.
La lettura di un elettrocardiogramma può sembrare molto difficile a volte anche incomprensibile, ma è possibile per i non addetti ai lavori farsi un’idea di massima.
Ecco quindi gli aspetti più significativi che si possono incontrare in un ECG:
Onda P è l’onda che visualizza lo stato di attivazione degli atri; l’attivazione atriale inizia nel nodo sinusale e si diffonde pressoché a macchia d’olio nella muscolatura dell’atrio destro, del setto interatriale e dell’atrio sinistro. La contrazione degli atri (sistole atriale) non è particolarmente potente, conseguentemente la P è un’onda di dimensioni ridotte (ampiezza uguale o inferiore a 2.5 mm) e la cui durata va dai 60 ai 120 ms; offre indicazioni del tempo impiegato dall’impulso per propagarsi a entrambi i lati (può servire appunto per la diagnosi di patologie atriali come il flutter).
Tratto PQ il tratto PQ, piano e privo di onde, misura il tempo che intercorre dal momento in cui iniziano ad attivarsi gli atri fino al momento in cui si attivano i ventricoli.
Complesso QRS è formato dall’onda Q, breve e che va verso il basso. E’ un’onda negativa che corrisponde alla depolarizzazione del setto interventricolare dell’alta e stretta onda R che corrisponde alla depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro e dalla piccola onda S che va anch’essa verso il basso ed un’onda negativa che corrisponde alla depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro. Il complesso caratterizza la sistole ventricolare con l’arrivo dell’impulso ai ventricoli (onda Q) e l’estensione a tutto il tessuto (onde R e S). Il complesso QRS si altera in caso di disturbi della conduzione elettrica o in caso di infarto (blocchi di branca).
Segmento ST il segmento ST che segue l’onda S e comprende l’onda T, presenta una durata variabile, è generalmente isoelettrico e cioè orizzontale. Tuttavia lievi livellamenti del segmento ST, a concavità verso il basso o verso l’alto, non rappresentano necessariamente un riscontro patologico. Il lungo intervallo ST può rilevare problemi ischemici, rappresenta il periodo in cui i ventricoli si contraggono e poi (con l’onda T) ritornano a riposo.
Onda T assieme all’intervello ST, è espressione del processo di ripolarizzazione dei ventricoli (ovvero il momento in cui i ventricoli hanno terminato la loro fase di attivazione e sono pronti per una nuova contrazione). E’ un’onda più lenta del complesso QRS e asimmetrica in quanto la branca ascendente è più lenta della discendente. L’onda T permette di avere indicazioni sull’ipertrofia cardiaca, l’ischemia e l’infarto miocardico.
Intervallo QT riflette la durata del processo di depolarizzazione e ripolarizzazione ventricolare ed è quindi la rappresentazione della sistole elettrica. La durata di questo intervallo varia a seconda della frequenza cardiaca; di norma tale frequenza oscilla tra i 350 ed i 440 ms. Data la variabilità dell’intervallo QT ed il condizionamento che ha su di esso la frequenza cardiaca, lievi prolungamenti di tale intervallo non sono da considerare necessariamente patologici.
Onda U fa parte del processo di ripolarizzazione ventricolare; non è un’onda sempre apprezzabile in un elettrocardiogramma. Si osserva in pochi soggetti, generalmente bradicardici. A volte la sua separazione dall’onda T non è netta, tanto che può essere difficile differenziarla da un’onda T con aspetto bifido.